A muoversi indecisi

A muoversi indecisi

20131014-083809.jpgÈ lui, è lui. Sono queste le prime parole che sento. La voce arriva pulita, soffice. Entra piacevole come un bel sogno. Presa per mano arriva anche quella della madre. La riconosco. La domenica la sento cantare. Prendo in prestito la familiarità di questo momento per sentire meno vuoto in casa ed alzarmi. L’orologio dice che ho battuto la sveglia per una decina di minuti. Tiro su la serranda. Il vetro è una lastra scura. È presto per la luce: in questo periodo non entra mai. Di solito ci incontriamo fuori.
Prendo il caffè seduto al tavolo di vetro. Faccio piano. Metto tempo tra un’azione e l’altra. Quando scendo, sul pianerottolo sotto casa vedo una delle vicine nell’atto di aprire la porta che ha di fronte casa. Una scena vista già tante volte. Nell’appartamento qualcuno sta aspettando quella visita. Al rumore delle chiavi anticipa felice: Ih! La nonna, la nonna! È lo stesso bambino di prima. Ringrazio mentalmente per questa seconda dose e continuo a scendere, un po’ più leggero.

Esco sotto un cielo scuro. Per strada le illuminazioni sono accese. È ancora troppo buio per lasciar andare via i pensieri della notte. E li lascio lì, a muoversi indecisi come chi abbia ricevuto un torto e sia in dubbio se andar via o tornare indietro e far valere le proprie ragioni.

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